domenica 13 aprile 2008

Arte e scrittura


Mi ricollego ad un discorso che tenevo con mio fratello in questi giorni.
Si parlava del romanzo contemporaneo lamentando la mancanza di innovazione soprattutto dal punto di vista strutturale e in un certo senso il lento soccombere della forma e della parola come mezzi per rendere artisticamente la realtà.
In genere siamo abituati al romanzo completo di testa, corpo e conclusione.
Quando ci si trova in mano un romanzo con una forma non dico complessa ma semplicemente diversa sembra difficile per un lettore rapportarsi al testo, si cerca nelle parole un contenuto in cui immedesimarsi o da cui sentirsi coinvolto, dimenticando la funzione creativa della parola.
Ieri sera nel mio letto mi è venuto in mente un dipinto che durante l'università ho amato molto, "Alcuni cerchi" di Kandinsky.
Quando ho iniziato il corso di storia dell'arte contemporanea pensavo che qualcuno mi dovesse insegnare ad interpretare quei numerosi quadri astratti che non capivo.
In realtà non avevo capito niente dell'arte astratta. Col tempo mi sono data delle risposte.
Se una persona si approccia ad un quadro astratto con la pretesa di comprendere ciò che l'autore voleva comunicare, sbaglia.
L'impatto immediato, diciamo superficiale con le forme è quanto basta per dare origine a un lavoro interiore. Credo che il fine di quei grandi artisti non fosse rappresentare qualcosa (se avessero voluto l'avrebbero fatto) ma creare qualcosa che fosse in grado di stuzzicare l'immaginazione del fruitore.
Le forme e i colori usati dall'artista sono in grado di destare la fantasia; Un'immagine astratta è il tramite attraverso cui milioni di persone danno origine a mondi diversi. Ognuno può cogliere una caratteristica, una sfumatura che rende emozionante l'incontro con l'arte.
Forme e colori sono segni, usati con genialità per produrre qualcosa capace di evocare "altro".
Anche le parole sono segni ma nella nostra letteratura vengono usati essenzialmente come veicoli di un significato preciso tralasciando che le parole possono essere veicoli di significati sia oggettivi che soggettivi, inerenti alla sensibilità di ciascuno.
Se un artista geniale ha saputo usare forme e colori per rendere visibile nella mente del fruitore l'invisibile, un geniale scrittore potrebbe usare le parole non come mezzi per costruire una storia fatta di testa, corpo e conclusione, ma come tramite per provocare la soggettività . Si potrebbe, in questo modo, lasciare un po' di spazio al lettore per costruire una propria realtà partendo da indizi incerti. Questo non credo voglia dire abbandonare il lettore a se stesso ma dargli la possibilità di interagire col testo.
Capisco che a volte si legge un romanzo solo per emozionarsi, per essere coinvolti in storie che non dubito possano essere belle e scritte in modo impeccabile.
Però col tempo si rischia di ingabbiare il romanzo, di togliere al testo la possibilità di produrre.